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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Regina Mabailati (del 13/03/2013 @ 15:49:38, in Universo Google, letto 3229 volte)
Mi ha colpito molto, ascoltando l'ultima puntata di #digitalia "Io ascolto gente morta" venire a conoscenza dell'ultima trovata di Google: il cosiddetto Google Merchant Quality Algorithm. In pratica, un algoritmo del noto motore di ricerca che valuta, secondo i propri parametri, la qualità dei siti di e-commerce presenti nel suo indice, decidendo se essi siano ritenuti adatti ad occupare le prime posizioni nelle serp di ricerca.
Che dire? Si tratta di una logica conseguenza della politica che Google porta avanti da tempo, quella cioè di decidere ciò che è bene e ciò che è male mostrare ai propri utenti. Una cosa che, sulla carta, è assolutamente legittima. Però. Però chiunque dipenda da Google non solo per le ricerche sul web ma anche per questioni professionali, sa bene che Google è tutto tranne che completamente trasparente nella propria attività.
Algoritmi importanti quali Panda e Penguin, ad esempio, introdotti nel 2011 e nel 2012 con il compito di ripulire le serp dai siti spazzatura (e quindi dannosi per gli utenti) hanno in realtà colpito migliaia di siti incolpevoli. Ancor più incerta e precaria è la situazione di chi utilizza quello che è l'unico, vero e redditizio, sistema di remunerazione sul web, ossia Adsense.
Le linee guida di Adsense sono piuttosto chiare ma sono molti quelli che dichiarano di essere stati bannati ingiustamente. Fino a qualche tempo fa, non era possibile fare ricorso o chiedere chiarimenti. Oggi, perlomeno, prima di venire bannati si viene avvisati e invitati ad apporre gli opportuni cambiamenti.
Il problema è che dietro a un piccolo e-commerce, dietro ad un blog o un sito di informazioni che vive di Adsense, non ci sono più dei ragazzini dentro ad un garage, ma delle vere e proprie imprese, talvolta con dipendenti e strutture che possono venire spazzate via con un click.
E' giusto questo? Chiaramente no. Ovunque ci sia un monopolio si crea una distorsione nel sistema. I monopoli, in economia, vengono combattuti duramente. Purtroppo nel mondo di internet non funzionano sempre le regole di controllo e di sanzione delle storture del sistema. Pensate che l'Unione Europea si è appena pronunciata riguardo il presunto abuso di posizione dominante di Microsoft con il suo browser, Internet Explorer! Un argomento che era di attualità 3/4 anni fa. Ora si parla di Facebook, di Twitter, di Google Glasses, della lotta tra IE, Firefox e Chrome non se ne occupa più nessuno.
Oggi Google e Facebook hanno un monopolio difficilmente scalfibile. Se anche qualcuno inventasse un motore di ricerca migliore di Google da un punto di vista algoritmico non avrebbe la possibilità di farlo funzionare poichè servirebbero investimenti quasi miliardari per creare le strutture capaci di ospitare già solo i server che elaborano e archiviano le pagine web di tutto il mondo.
Idem dicasi per Facebook. Nascono ogni giorno migliaia di social network, ma nessuno sarà mai seguito quanto Facebook (o Twitter) poichè chi ci va non trova le persone che conosce. La gente è su Facebook e quindi è la che occorre essere se si vuole una vita social!
I monopoli, nel mondo di internet sono diversi da quelli del mondo reale. Ma gli effetti di questi monopoli hanno conseguenze reali nella vita delle persone. Occorre considerare nuove normative e, soprattutto, occorre una maggiore consapevolezza di come il mondo attuale funziona grazie al web.
Bisogna che le istituzioni europee comprendano che non serve far pagare multe milionarie a Microsoft per il suo Internet Explorer quanto imporre a tutti questi colossi di pagare le tasse nei paesi in cui realizzano profitti (e questo è il primo, e più importante, punto) e, in secondo luogo stimolare se non la concorrenza (che come abbiamo visto non è cosa semplice) quanto perlomeno la consapevolezza dei rischi che si corrono anche come semplici utenti e cittadini.
Per seguirmi su Twitter: @ReginaMabailati
Il mio blog: noApple
Algoritmi importanti quali Panda e Penguin, ad esempio, introdotti nel 2011 e nel 2012 con il compito di ripulire le serp dai siti spazzatura (e quindi dannosi per gli utenti) hanno in realtà colpito migliaia di siti incolpevoli. Ancor più incerta e precaria è la situazione di chi utilizza quello che è l'unico, vero e redditizio, sistema di remunerazione sul web, ossia Adsense.
Le linee guida di Adsense sono piuttosto chiare ma sono molti quelli che dichiarano di essere stati bannati ingiustamente. Fino a qualche tempo fa, non era possibile fare ricorso o chiedere chiarimenti. Oggi, perlomeno, prima di venire bannati si viene avvisati e invitati ad apporre gli opportuni cambiamenti.
Il problema è che dietro a un piccolo e-commerce, dietro ad un blog o un sito di informazioni che vive di Adsense, non ci sono più dei ragazzini dentro ad un garage, ma delle vere e proprie imprese, talvolta con dipendenti e strutture che possono venire spazzate via con un click.
E' giusto questo? Chiaramente no. Ovunque ci sia un monopolio si crea una distorsione nel sistema. I monopoli, in economia, vengono combattuti duramente. Purtroppo nel mondo di internet non funzionano sempre le regole di controllo e di sanzione delle storture del sistema. Pensate che l'Unione Europea si è appena pronunciata riguardo il presunto abuso di posizione dominante di Microsoft con il suo browser, Internet Explorer! Un argomento che era di attualità 3/4 anni fa. Ora si parla di Facebook, di Twitter, di Google Glasses, della lotta tra IE, Firefox e Chrome non se ne occupa più nessuno.
Oggi Google e Facebook hanno un monopolio difficilmente scalfibile. Se anche qualcuno inventasse un motore di ricerca migliore di Google da un punto di vista algoritmico non avrebbe la possibilità di farlo funzionare poichè servirebbero investimenti quasi miliardari per creare le strutture capaci di ospitare già solo i server che elaborano e archiviano le pagine web di tutto il mondo.
Idem dicasi per Facebook. Nascono ogni giorno migliaia di social network, ma nessuno sarà mai seguito quanto Facebook (o Twitter) poichè chi ci va non trova le persone che conosce. La gente è su Facebook e quindi è la che occorre essere se si vuole una vita social!
I monopoli, nel mondo di internet sono diversi da quelli del mondo reale. Ma gli effetti di questi monopoli hanno conseguenze reali nella vita delle persone. Occorre considerare nuove normative e, soprattutto, occorre una maggiore consapevolezza di come il mondo attuale funziona grazie al web.
Bisogna che le istituzioni europee comprendano che non serve far pagare multe milionarie a Microsoft per il suo Internet Explorer quanto imporre a tutti questi colossi di pagare le tasse nei paesi in cui realizzano profitti (e questo è il primo, e più importante, punto) e, in secondo luogo stimolare se non la concorrenza (che come abbiamo visto non è cosa semplice) quanto perlomeno la consapevolezza dei rischi che si corrono anche come semplici utenti e cittadini.
Per seguirmi su Twitter: @ReginaMabailati
Il mio blog: noApple
Di Regina Mabailati (del 07/03/2013 @ 11:06:39, in Universo Google, letto 4444 volte)
Ci sono notizie che fanno il "botto", venendo rilanciate, riprese e commentate da migliaia di persone in tutto il mondo ed altre che, invece, vengono anche riportate da più blog, siti o quotidiani senza però colpire l'opinione pubblica. Ma non sempre questo differente trattamento restituisce la vera importanza sulle nostre esistenze di queste notizie.
E' notizia del 2 Marzo, pubblicata da TNW, che Google stia testando un sistema proxy di navigazione per il mobile, al fine di velocizzare la stessa sui dispositivi android e con il browser proprietario Chrome.
Perchè è importante questa notizia, apparentemente innocua e di scarso interesse? Perchè rappresenta l'ennesimo, e preoccupante, tentativo, da parte del gigante di Mountain View, di assicurarsi tutti i dati di navigazione degli utenti di tutto il mondo. Dati che vengono accuratamente conservati, archiviati e, spesso, utilizzati non solo per ricerche e statistiche ma anche, e soprattutto, a fini pubblicitari.
Il traffico mobile, in pratica, passerà tutto da una rete ad hoc gestita da Google che poi penserà a re-indirizzare i visitatori verso i siti desiderati. Non è un po' troppo? E' un po' come fanno le grandi aziende statali, come l'Inps, per dire, che gestisce il traffico di tutte le proprie sedi mediante un proxy. Un modo per far navigare senza rischi i propri dipendenti ma anche un sistema molto semplice per controllarli.
Beh, direte voi, Google mi dà gratis Gmail, Youtube e Docs, servizi che, altrimenti, dovrei pagare, facesse quel che crede con i miei dati!
Esiste un vecchio adagio che sostiene che, in economia, non esistono pasti gratis. E' un acronimo, TANSTAAFL (There ain’t no such thing as a free lunch), che significa, in pratica che se qualcuno promette qualcosa di gratis, ad esempio il tasso di interesse su un prodotto finanziario, sarà qualcun altro a pagare il conto. Se i BTP italiani pagano tanto e ci si guadagna molto comprandoli, in realtà sono le aziende italiane a pagare quel tasso, il cosiddetto spread, chiedendo prestiti alle banche per poter lavorare. L'azienda quindi paga tanto e magari licenzia proprio quel dipendente, o un suo collega, che ha acquistato dei BTP.
Nel mondo del web questa teoria è facilmente applicabile: se esiste un'app gratuita, in realtà gratuita non lo è del tutto perchè, ben che ci vada, avremo la pubblicità sul nostro smartphone. Oppure non appaiono spot e l'azienda troverà modo di capitalizzare diversamente, senza neanche spiegarci come. Sostengo da tempo come occorra uno step mentale da compiere, imparando come sia meglio pagare le app, come avevo scritto sul mio blog No Apple - Think! "Le app vanno pagate basta con il gratis in rete" e i contenuti in genere su internet in modo da assicurarsene la qualità e soprattutto la limpidezza, piuttosto che credere che tutto sia, davvero, gratis.
Se Google, come Facebook, potrà sempre più ricostruire la vostra intera esistenza a voi potrebbe anche non creare problemi. In un mondo ideale, almeno. Se, però, considerate che in giro ci sono tanti maleintenzionati, la cui competenza peraltro è in costante aumento, potete intuire come possa diventare pericolosa l'esistenza stessa di una banca dati che contiene ogni singolo aspetto della vostra vita.
Oggi Google è una potenza imbattibile così come lo sono Apple, Microsoft, Samsung eccetera, però una maggiore consapevolezza dei rischi e dei costi impliciti delle nostre azioni sul web diverrà prima o poi davvero necessaria.
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E' notizia del 2 Marzo, pubblicata da TNW, che Google stia testando un sistema proxy di navigazione per il mobile, al fine di velocizzare la stessa sui dispositivi android e con il browser proprietario Chrome.
Perchè è importante questa notizia, apparentemente innocua e di scarso interesse? Perchè rappresenta l'ennesimo, e preoccupante, tentativo, da parte del gigante di Mountain View, di assicurarsi tutti i dati di navigazione degli utenti di tutto il mondo. Dati che vengono accuratamente conservati, archiviati e, spesso, utilizzati non solo per ricerche e statistiche ma anche, e soprattutto, a fini pubblicitari.
Il traffico mobile, in pratica, passerà tutto da una rete ad hoc gestita da Google che poi penserà a re-indirizzare i visitatori verso i siti desiderati. Non è un po' troppo? E' un po' come fanno le grandi aziende statali, come l'Inps, per dire, che gestisce il traffico di tutte le proprie sedi mediante un proxy. Un modo per far navigare senza rischi i propri dipendenti ma anche un sistema molto semplice per controllarli.
Beh, direte voi, Google mi dà gratis Gmail, Youtube e Docs, servizi che, altrimenti, dovrei pagare, facesse quel che crede con i miei dati!
Esiste un vecchio adagio che sostiene che, in economia, non esistono pasti gratis. E' un acronimo, TANSTAAFL (There ain’t no such thing as a free lunch), che significa, in pratica che se qualcuno promette qualcosa di gratis, ad esempio il tasso di interesse su un prodotto finanziario, sarà qualcun altro a pagare il conto. Se i BTP italiani pagano tanto e ci si guadagna molto comprandoli, in realtà sono le aziende italiane a pagare quel tasso, il cosiddetto spread, chiedendo prestiti alle banche per poter lavorare. L'azienda quindi paga tanto e magari licenzia proprio quel dipendente, o un suo collega, che ha acquistato dei BTP.
Nel mondo del web questa teoria è facilmente applicabile: se esiste un'app gratuita, in realtà gratuita non lo è del tutto perchè, ben che ci vada, avremo la pubblicità sul nostro smartphone. Oppure non appaiono spot e l'azienda troverà modo di capitalizzare diversamente, senza neanche spiegarci come. Sostengo da tempo come occorra uno step mentale da compiere, imparando come sia meglio pagare le app, come avevo scritto sul mio blog No Apple - Think! "Le app vanno pagate basta con il gratis in rete" e i contenuti in genere su internet in modo da assicurarsene la qualità e soprattutto la limpidezza, piuttosto che credere che tutto sia, davvero, gratis.
Se Google, come Facebook, potrà sempre più ricostruire la vostra intera esistenza a voi potrebbe anche non creare problemi. In un mondo ideale, almeno. Se, però, considerate che in giro ci sono tanti maleintenzionati, la cui competenza peraltro è in costante aumento, potete intuire come possa diventare pericolosa l'esistenza stessa di una banca dati che contiene ogni singolo aspetto della vostra vita.
Oggi Google è una potenza imbattibile così come lo sono Apple, Microsoft, Samsung eccetera, però una maggiore consapevolezza dei rischi e dei costi impliciti delle nostre azioni sul web diverrà prima o poi davvero necessaria.
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