| Quello che è stato un enorme progresso della comunicazione negli ultimi anni potrebbe essere archiviato per non aver saputo trovare un business model adeguato. |
Parte da
Ruperth Murdoch l'
ennesimo attacco alla Rete, vista ancora una volta come la fonte di tutti i mali, invece che un'opportunità a favore di tutti. Dopo la
demonizzazione del P2P ecco, che in difesa del copyright, antiquato ma intoccabile, si cerca di arginare la moria dei quotidiani che
scelleratamente regalano link verso i propri contenuti a
Google che li indicizza gratuitamente, agli aggregatori di notizie che li classificano in buon ordine
ed ai blogger che li utilizzano per creare
una
rete di opinioni che arricchisce e completa democraticamente gli articoli dei
citizen journalist. Senza minimamente considerare che gli stessi giornali pescano abbondantemente (e gratuitamente) fra i tanto vituperati contenuti della Rete prodotti dalla gente comune, in una sinergia ormai
apprezzatissima ed
insostituibile. Ma saranno gli stessi utenti, ormai abituati ai meccanismi di condivisione e partecipazione libera del
web 2.0 a decretare il fallimento di un eventuale ritorno al passato, con i portali dei quotidiani accessibili solo previo abbonamento e l'impossibilità di inserire i contenuti dei giornalisti professionisti nei loro blog. Personalmente io sarei d'accordo a
finanziare tutto quello che è vincolato da un
diritto d'autore riformato (articoli, ma anche musica, film e software) con una tassa da versare mensilmente al provider, un po' come già avviene per la musica con
Comes with music di
Nokia. Ma credo che sia solo un'utopia, visti i colossali interessi in gioco ed il numero
degli attori che vorrebbero accaparrarsi la loro piccola quota nella filiera, spesso lasciando solo le briciole ai veri proprietari dei diritti.